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Incontriamo Gianpaolo, co-fondatore del movimento  LGBTQ+ italiano

Willeke van Staalduinen, AFEdemy, Academy on Age-Friendly Environments in Europe B. V.

Nel progetto SDD (Smart for Democracy and Diversity), svilupperemo scenari di gioco di apprendimento basati sulle storie di vita di persone che si sentono o sono discriminate.

Oggi continuiamo con Gianpaolo, che ha co-fondato il movimento LGBTQ+ italiano e ci parlerà della discriminazione e del linguaggio d’odio che ha subito.

Incontriamo Gianpaolo

Gianpaolo, 67 anni, è italiano, cattolico, giornalista. Viene dalla zona del Lago di Garda nel nord Italia. È co-fondatore del movimento LGBTQ+ italiano, già senatore e membro dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa.

Gianpaolo ha vissuto molte situazioni discriminatorie nel corso della sua vita. Subito dopo essersi dichiarato gay, nella seconda metà degli anni Settanta, dovette affrontare insulti verbali per le strade del suo piccolo paese, con la popolazione più o meno divisa a metà tra chi chiede rispetto – compreso uno dei locali Sacerdoti cattolici – e quelli che si allontanano da lui, non gli parlano più o addirittura diffondono bugie sul suo stile di vita. La parte più difficile è stata affrontare la pressione sociale esercitata nei confronti dei suoi genitori, entrambi appartenenti alla classe operaia che sono stati costretti a far fronte a qualcosa di senza precedenti per loro. Queste esperienze hanno portato Gianpaolo e altri a iniziare a organizzare un movimento gay e a diventare politicamente attivi. Nel dicembre 1980 ha co-fondato uno dei primi gruppi locali in Sicilia affiliati ad Arcigay, fino ad oggi la più grande organizzazione italiana per i diritti dei gay. Il lavoro di Gianpaolo e la creazione del gruppo sono stati accompagnati da aggressioni fisiche contro Gianpaolo da parte di estremisti di destra, subito dopo che due giovani gay erano stati uccisi perché avevano una relazione. Gianpaolo ei suoi amici erano seriamente spaventati perché pensavano che sarebbero stati uccisi. Gianpaolo dice “Temevo che uccidessero anche me” e ricorda come la polizia prima abbia lasciato che gli estremisti di destra “facessero il loro sporco lavoro” e poi sia intervenuta per aiutare presumibilmente coloro che erano stati aggrediti.

Nella lotta all’incitamento all’odio, e in questo caso particolare all’incitamento all’odio anti-LGBTQ+, Gianpaolo cita quello che è stato uno sforzo collettivo del movimento gay italiano piuttosto che le reazioni delle singole vittime: di fronte all’emergenza AIDS che è stata etichettata come la ‘piaga dei finocchi’ , la comunità gay ha reagito prendendo l’iniziativa con una diffusa campagna di informazione, tra le comunità gay, nelle scuole, nelle città e nei paesi per sostenere l’uso del preservativo.

Secondo Gianpaolo, la controinformazione è fondamentale come strategia a lungo termine. In questo caso, ha portato al coinvolgimento di migliaia di persone che sono state in grado di fare rete, convincere le persone e costruire maggioranze sociali e politiche attorno al principio che il virus non dipende dall’orientamento sessuale ma dalle pratiche sessuali, siano esse omosessuali o eterosessuali.

Gianpaolo crede che una strategia cruciale e, dopo tutto, di successo è stata quella di costruire un movimento di massa vincente per fare campagne, sostenere, studiare, informare, insegnare, prendere parte a dibattiti pubblici e conferenze, moltiplicare l’impatto dell’informazione, fare pressioni sui media e sui politici , discutere con la Chiesa cattolica e con altre chiese. Quando sono riusciti a raggiungere i loro obiettivi di smantellare i pregiudizi e gli stereotipi relativi all’HIV e di ottenere medicine e cure mediche gratuite per coloro che erano stati infettati, le persone colpite dalla discriminazione LGBTQ+ sono diventate vincitrici e le loro argomentazioni sono state riconosciute dall’opinione pubblica, dai media e dai responsabili politici.

Gianpaolo è rimasto politicamente attivo nella politica antidiscriminatoria, comprese le situazioni di incitamento all’odio nel nuovo millennio. Nel 2007, quando era senatore, intervenne durante un dibattito al Senato sull’abolizione della pena di morte nel codice militare italiano, sostenendo che il rifiuto di accettare l’ordine di morte, oltre ad essere un diritto, è un dovere, ed espresse la sua solidarietà ai soldati che abbandonano le forze armate. Il giorno successivo uno dei principali quotidiani conservatori italiani ha pubblicato un articolo in prima pagina, firmato dal direttore del quotidiano, in cui si scriveva: “Il senatore Silvestri è uno dei fondatori dell’Arcigay e ama i disertori. Forse perché quando scappano offrono le loro terga”. Dopo quattro anni di battaglie legali, il direttore è stato dichiarato colpevole di omofobia e ha dovuto pagare a Gianpaolo € 50.000,00 di risarcimento.

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